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Ripartizione delle spese della bolletta dell’acqua. La disciplina legale e quella convenzionale. La presenza di contatori di sottrazione: conseguenze.
31.03.2010 09:58
(30/03/2010)
di Alessandro Gallucci, avvocato del Foro di Lecce
Tra le voci di spesa che, senza ombra di dubbio, creano maggiori problematicità in relazione dalla gestione di un edificio condominiale, vi è quella della bolletta dell’acqua.
Esiste un’indicazione normativa sui criteri di ripartizione di tale costo?
Al pari dell’impianto di riscaldamento è possibile rendersi autonomi dal condominio?
Queste le principali problematiche.
Fino al 1994, anno in cui fu adottata la legge n. 36, contenente disposizioni in materia di risorse idriche (oggi abrogata e sostituita dal d.lgs n. 152/06) la norma cui fare riferimento era l’art. 1123 c.c. a norma del quale le spese inerenti la conservazione ed il godimento delle parti comuni dovevano essere effettuate sulla base delle tabelle millesimali.
Solamente la presenza di contatori autonomi, di un regolamento condominiale di origine contrattuale o una deliberazione votata da tutti i condomini poteva derogare a tale principio.
Proprio in considerazione di ciò, tra i criteri in deroga, non è raro avere delle situazioni in cui le spese per la bolletta dell’acqua sono ripartite in base al numero degli occupanti l’unità immobiliare.
Con la legge n. 36/94 (come detto poi sostituita dal d.lgs n. 152/06) ed il d.p.c.m. (decreto del presidente del consiglio dei ministri) n. 62/94 la situazione è mutata.
S’introduceva nell’ordinamento il principio del pagamento in base al consumo.
Recitava l’art. 5 della legge:
“Le regioni prevedono norme e misure volte a favorire la riduzione dei consumi e l'eliminazione degli sprechi ed in particolare a:
a)… c) […];
d) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano”.
Attualmente la norma di riferimento, che è contenuta nell’art. 146 del d.lgs 152/06), ricalca sostanzialmente il contenuto del succitato art. 5 l. n. 36/94.
In sostanza ciò che si imponeva era l’adozione di un sistema di ripartizione delle spese parametrato al consumo effettivo ad realizzarsi attraverso l’installazione di contatori per ogni singola unità abitativa (i c.d. contatori di sottrazione).
Praticamente, ad oggi, come spesso accade, il contratto con l’azienda erogatrice del servizio idrico è unico ma all’intero del condominio vi sono tanti contatori quante sono le unità immobiliari collegate all’impianto idrico. In questo modo, tramite delle semplici operazioni di sottrazione, è sempre possibile ragguagliare la spesa individuale per la bolletta dell’acqua al consumo effettivo.
In relazione al secondo dei quesiti posti, è utile evidenziare come la legge consenta una sorta di maggiore autonomia rispetto al condominio.
Al punto 8.2 dell’allegato al d.p.c.m. si dice che “dove attualmente la consegna e la misurazione sono effettuate per utenze raggruppate, la ripartizione interna dei consumi deve essere organizzata, a cura e spese dell'utente, tramite l'installazione di singoli contatori per ciascuna unità abitativa”.
La norma, pertanto, consente ai singoli condomini, con spese a loro totale carico, di rendersi indipendenti dal condominio per quanto concerne le spese di ripartizione dell’acqua.
L’effettività fattibilità di tale operazione dovrà essere vagliata dal fornitore del servizio idrico che dovrà preventivare altresì i costi della stessa.
Avv. Alessandro Gallucci