22.04.2010 10:37
Per integrare il reato previsto dall'art. 659 c.p., i rumori e gli schiamazzi vietati devono essere idonei ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone.
"Orbene, proprio con riferimento a tale ultima risultanza processuale va richiamato l'univoco orientamento giurisprudenziale che, se da un lato, ritiene integrato il reato ex art. 659 c.p. anche per l'ipotesi in cui rimanga leso l'interesse di una sola persona - dovendosi ricomprendere nel bene della pubblica tranquillità, oggetto tutelato dalla norma incriminatrice, anche la quiete privata - dall'altro lato esige comunque la potenziale idoneità dei rumori a disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone in quanto travalicanti, per la loro entità oggettiva, i limiti della normale tollerabilità: allorché tale situazione effettivamente sussista “... è poi del tutto indifferente che una o più persone abbiano effettivamente avvertito il disturbo, avendosi comunque una lesione del bene giuridico tutelato dalla norma, e cioè dell'ordine pubblico inteso come tranquillità pubblica. Per converso, qualora la predetta situazione di fatto non ricorra, le lamentele di una o più persone non sono sufficienti ad integrare la materialità del reato in argomento ...” (Cass. pen., sez. I, 31 marzo 1994, n. 3823, Tricarico);
alla luce di tale orientamento non può non rilevarsi come, nel caso di specie, le emissioni rumorose descritte dai denuncianti (ed oggetto specifico delle doglianze) non appaiono oggettivamente idonee ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, risultando offesi soltanto i soggetti che si trovano in un luogo contiguo a quello da cui provengono i rumori e, con riferimento a tale situazione di fatto, l'insegnamento della suprema Corte è univoco nell'escludere la configurabilità del reato in esame non assumendo il fatto rilievo penale ma dovendo lo stesso venire”... inquadrato nell'ambito dei rapporti di vicinato tra immobili confinanti, disciplinato dal codice civile.” (Cass. pen., sez. I, 7 giugno 1996, n. 5714, Scola);
in altri termini, per integrare il reato previsto dal contestato art. 659 c.p. “... è necessario che i lamentati rumori abbiano una certa attitudine a propagarsi ed a costituire, quindi, per il superamento della normale tollerabilità, un disturbo per una potenziale pluralità di persone, ancorché poi non tutte siano disturbate.” (Cass. pen., sez. I, 28 marzo 1997, n. 3000, Sevarin);
ne deriva come”... non è sufficiente che rumori prodotti all'interno di un appartamento si propaghino in quelli vicini ...” (Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 1994, n. 1700, Pivetti) essendo invece necessario che i “rumori siano di tale intensità da determinare un turbamento della pubblica quiete in quanto investa una collettività di persone” (Cass. pen., sez. VI, 16 febbraio 1973 n. 271, Amendola);
da tutte le pronunce sul punto (trattasi di orientamento univoco) emerge quale elemento costitutivo del reato in esame la potenzialità diffusiva delle emissioni sonore e la loro attitudine lesiva di un numero indeterminato di persone laddove, nel caso concreto, tale elemento è da escludere sulla base delle stesse doglianze dei querelanti la cui percezione dei rumori, sebbene avvertita fuori dall'abitazione degli imputati, è pur sempre avvenuta esclusivamente nei pressi di quest'ultima, a riprova della circoscritta effusività sonora dei disturbi cagionati dagli odierni giudicabili. "