Amministrazioni Condominiali e Immobiliari
(06/12/2010)di Alessandro Gallucci
Il condominio, quanto meno a livello fiscale, è figura distinta dai singoli partecipanti. La legge impone l’adozione di un codice fiscale identificativo della compagine condominiale e, indipendentemente dalla presenza dell’amministratore, la grava di alcuni adempimenti collegati alle singole questioni deliberate.
Si pensi alla ritenuta d’acconto per le prestazioni professionali delle quali il condominio è beneficiario o ancora alla medesima ritenuta per i servizi dei quali la compagine fruisce (es. pulizia delle scale). In questi casi l’amministratore, o uno dei condomini per il caso d’assenza del mandatario, deve versare quanto trattenuto entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuto il pagamento. Oltre ciò il legale rappresentante del condominio dovrà rilasciare entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui ha effettuato il pagamento una certificazione (così detta del sostituto d’imposta) indicante i compensi erogati e le corrispondenti trattenute.
L’elencazione degli adempimenti non termina qui: si pensi, fin quando esistente, all’obbligo di dichiarazione ai fini ICI delle parti comuni dell’edificio suscettibili dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili o ancora all’invio delle pratiche per beneficiare dei c.d. sgravi fiscali del 36 %.
In questi ed in tutti gli altri casi in cui l’amministratore deve adempiere a degli obblighi imposti al condominio ci si chiede se l’attività prestata debba essere retribuita a parte e in che modo debba essere ripartita tra i singoli condomini.
Quanto al compenso dell’amministratore la Cassazione ha più volte evidenziato che “ l'attività connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali e non esorbitante dal mandato con rappresentanza deve ritenersi compresa nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell'incarico per tutta l'attività amministrativa di durata annuale e non deve essere retribuita a parte” (così Cass. 28 aprile 2010 n. 10204, in senso conf. Cass. 12 marzo 2003 n. 3596).
Il passaggio che cercheremo di chiarire qui di seguito è importante al fine di dare applicazione concreta al principio sopra esposto. È bene, quando si valuta il compenso richiesto dall’amministratore, individuare cosa sia presente nel preventivo e cosa no. Tutto quanto presente, sebbene separatamente dettagliato dal “costo base”, è pur sempre una voce ordinaria della quale si specifica il peso in termini economici, salvo il caso in cui si indichi espressamente come “compenso extra”. In questo caso e nell’ipotesi in cui la richiesta ulteriori rispetto al compenso pattuito venga fatta solo in sede di approvazione del rendiconto consuntivo, l’assemblea avrà il diritto/dovere di valutarne la legittimità.
Per quanto riguarda i compensi per l’attività fiscale, trattandosi d’adempimenti connessi al normale svolgimento del mandato l’amministratore, salvo consenso unanime di tutti i condomini, non potrà chiedere una retribuzione extra per l’opera prestata dovendosi la stessa ritenere compresa nella retribuzione di base concordata al momento dell’assunzione dell’incarico.
La ripartizione di tale costo, in assenza di diverso accordo tra tutti i comproprietari, così come accade per l’intero compenso dell’amministratore, dovrà essere effettuata sulla base dei millesimi di proprietà trattandosi di servizio prestato nell’interesse comune.
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