Le limitazioni all’uso delle proprietà esclusive contenute nel regolamento condominiale di origine contrattuale.

18.03.2010 17:04

(16/03/2010)

di Alessandro Gallucci, avvocato del foro di Lecce

 

La legge prevede che nei condomini con più di dieci partecipanti sia obbligatorio formare un regolamento di condominioil quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione” (art. 1138, primo comma, c.c.).
 
Il regolamento dovrà essere approvato dalla maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino quantomeno 500 millesimi (art. 1138, terzo comma, c.c.).
 
E’ il c.d. regolamento assembleare che può contenere solamente questo tipo di norme.
 
Si parlerà di regolamento di origine contrattuale quando il costruttore o l’originario proprietario dello stabile predispongono un regolamento, facendolo accettare all’atto della cessione delle unità immobiliari ai singoli acquirenti, ovvero quando i tutti condomini s’impegnano, sottoscrivendolo, a rispettarne uno da loro redatto.
 
In questi ultimi due casi il regolamento, oltre alle norme indicate dal primo comma dell’art. 1138 c.c., potrà contenere, altresì, delle clausole limitatrici del diritto d’uso dei piani, o delle porzioni di piano, di proprietà esclusiva.
 
Se il regolamento è stato trascritto presso i pubblici registri immobiliari, esso sarà opponibile anche agli acquirenti successivi rispetto agli originari sottoscrittori, senza necessità di una sua accettazione.
 
L’assenza di trascrizione, invece, comporta l’obbligo di accettazione anche per i successivi acquirenti pena l’inopponibilità agli stessi.
 
In relazione ai limiti per le proprietà esclusive ci si pone spesso il seguente quesito: a parte la contrattualità del regolamento esistono delle regole nella formulazione delle clausole per poter considerare legittimi tali limiti?
 
La risposta è positiva; sostanzialmente, vedremo subito dopo come si è espressa in merito la Corte di Cassazione, i vincoli alle unità immobiliari devono essere formulati in modo chiaro e preciso, al fine di non lasciare dubbio alcuno sul loro ambito applicativo.
 
D’altronde, la compressione delle facoltà inerenti il diritto di proprietà, anche se espressamente accettata dai diretti interessati, non può mai essere tale da rendere grandemente incerto l’utilizzo del bene.
 
La Suprema Corte di Cassazione è intervenuta più e più volte sulla legittimità delle clausole contenute nei regolamenti di origine contrattuale.
 
Nel corso del 2009 il Supremo Collegio è intervenuto in più occasioni sulla materia oggetto di questo approfondimento.
 
Con una sentenza datata 20 luglio 2009, la n. 16832 si è ribadito – sulla scorta del consolidato orientamento giurisprudenziale – che “le restrizioni alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale, devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco in modo da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni.” (così Cass. 20 luglio 2009, n. 16832).
 
Precisato, quindi, il contenuto di tali disposizioni la Cassazione ha anche specificato come materialmente queste clausole debbano essere redatte.
 
I giudici di piazza Cavour ritengono che i divieti “possono essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare)" (Cass., n. 1560 del 1995; Cass., n. 9564 del 1997; Cass., n. 11126 del 1994) (Cass. 18 settembre 2009 n. 20237).
 
Come dire: se si vietano le attività rumorose è necessario, per impedirne lo svolgimento, prima di tutto dare dimostrazione che l’attività da predisporsi in concreto sia effettivamente contrastante con quanto disposto dal regolamento di condominio.
 

Avv. Alessandro Gallucci

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