22.04.2010 10:08
Una volta che si è deciso, sussistendone gli estremi, d’
impugnare una deliberazione condominiale è necessario valutare con quale atto si debba introdurre il giudizio.
Al riguardo, così come per la catalogazione delle cause d’invalidità tra nullità o annullabilità, non esiste una precisa indicazione di legge.
O meglio, per essere ancor più chiari, il codice civile, come si dirà da qui a poco, parla espressamente di un mezzo d’impugnazione; tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria ha interpretato l’utilizzo di quel vocabolo in senso “atecnico” svuotandolo, di fatto, di significato, e rendendo la situazione poco chiara.
L’assenza di indicazioni legislative univoche non giova, com’è intuibile, ad una materia così delicata, visti gli interessi coinvolti, qual è quella del sistema delle impugnazioni delle decisioni assembleari.
Dell’insicurezza in termini di certezza giuridica al problema delle opposizioni alle deliberazioni assembleari è ben conscia la stessa giurisprudenza.
Riassume efficacemente lo stato d’incertezza il Tribunale di Salerno, che, in una decisione afferente il mezzo d’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea di condominio, non ha esitato a definire la questione come “
massimamente controversa”(Trib. Salerno, 23 giugno 2009).
Detto ciò vale la pena, scendendo più nel dettaglio,
individuare l’oggetto della controversia per comprendere quali siano, a livello pratico, le ripercussioni prodotte da questo contrasto giurisprudenziale.
Le norma cui fare riferimento sono quelle contenute nell’art. 1137, secondo e terzo comma, c.c. che recita:
“
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all'autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità stessa.
Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti”.
Il c.d. punctum dolens dell’intera vicenda è dato dal significato d’attribuire al termine ricorso utilizzato nella norma in esame.
Al riguardo, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, pur esistendo un orientamento maggioritario, non è univoca nell’interpretazione da dare al termine testé citato.
In sostanza sono due i punti di vista:
a)quello minoritario, più aderente al tenore letterale del vocabolo utilizzato nell’art. 1137 c.c., secondo il quale “
il legislatore quando nella materia del condominio, […], ha usato la parola ricorso per l’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea condominiale, non ha inteso soltanto concedere l’azione al condomino dissenziente, ma ha anche stabilito il modo d’impugnazione, in considerazione della sollecita soluzione delle questioni che possono intralciare o paralizzare la gestione del condominio” (Cass. civ., 9 luglio 1997, n. 6205);
b)quello maggioritario, secondo il quale in materia di condominio l'impugnazione della delibera assembleare può avvenire indifferentemente con ricorso o con atto di citazione (così Cass. 28 maggio 2008 n. 14007). In questo caso, dice il Supremo Collegio, anche a voler ammettere che l’atto introduttivo sia il ricorso propriamente detto, il giudizio introdotto con citazione deve ritenersi parimenti valido, in virtù del
c.d. principio di conservazione degli atti, se lo stesso ha raggiunto lo scopo prefissato dalla legge.
Essendo questo l’orientamento dominante, è evidente che questa situazione d’intercambiabilità dell’atto introduttivo porta a dover specificare quando, nel caso di deliberazioni annullabili, deve intendersi rispettato il termine dei 30 giorni di cui all’art. 1137, terzo comma, c.c.
La giurisprudenza sul punto ha affermato che “
ai fini della verifica della tempestività dell'azione il riferimento al momento dal deposito dell'atto di citazione (che avviene con l'iscrizione della causa a ruolo), con riguardo quindi alla situazione processuale prevista per l'atto tipico, ovvero il ricorso, è frutto di un eccessivo formalismo, posto che la rilevanza del momento del deposito ai suddetti fini quando l'atto introduttivo è un ricorso è conseguente ovviamente alla impossibilità di imporre alla parte di rispettare un termine per la notificazione dell'atto stesso, atteso che il meccanismo processuale prevede una fase (la fissazione dell'udienza da parte del Giudice designato) che non rientra nella disponibilità della parte stessa; in tale ipotesi è quindi inevitabile fare riferimento al momento del deposito, mentre nel diverso caso di introduzione del giudizio con atto di citazione la notifica di quest'ultimo esaurisce gli adempimenti di immediato interesse della parte convenuta a prescindere dalla iscrizione della causa a ruolo, cosicché ai fini della tempestività dell'azione non avrebbe senso aver riguardo a quest'ultimo adempimento” (Cass. 28 maggio 2008 n. 14007).
Riepilogando:
il ricorso andrà depositato in cancelleria entro 30 giorni mentre la citazione andrà notificata (al condominio) entro il medesimo termine.
Vista così si potrebbe ritenere che la disputa abbia risvolti meramente nominalistici e di scarsa importanza pratica.
La situazione, però, è leggermente diversa; vale la pena capire perché.
Se si utilizza come atto introduttivo il ricorso, al momento del deposito, usualmente, si richiede anche la sospensione della deliberazione assembleare. La sospensione, se non concessa
inaudita altera parte, sarà oggetto di trattazione nella prima udienza, fissata con decreto dal giudizio.
In sostanza, in breve tempo dalla decisione assembleare (massimo due mesi) il condominio, e quindi l’amministratore, saprà se poter eseguire la deliberazione o se la stessa, invece, resterà sospesa, in attesa dell’esito del giudizio.
Se si utilizza la citazione ex art. 163 cod. proc. civ. , invece, prima dell’udienza iniziale, che comunque non potrà mai tenersi di novanta giorni dalla data di notifica dell’atto, non si potrà discutere della sospensione delle delibera.
Ciò vuol dire che, nel caso d’impugnazione, sulla decisione di portare o meno ad esecuzione una deliberazione assembleare, “grava la scure” della sospensione per almeno quattro mesi dal giorno della decisione.
E’ questa la vera situazione d’incertezza prodotta dal contrasto interpretativo che, proprio per l’importanza degli effetti, dovrebbe essere risolta da un intervento legislativo o quanto meno delle Sezioni Unite del Supremo Collegio.
Avv. Alessandro Gallucci