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La ripartizione delle spese in base all’uso. Quando la conformazione dello stabile influisce sul calcolo della quota dovuta da un condominio
02.03.2010 22:02
(18/02/2010)
di Alessandro Gallucci, avvocato del foro di Lecce
Le spese condominiali, salvo diverso accordo tra tutti i comproprietari, devono essere ripartite sulla base dei millesimi di proprietà.
Questo, quanto meno per quanto riguarda “le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza” (art. 1123, primo comma, c.c.)
Il successivo secondo comma, invece, specifica che alcune spese debbono essere ripartite in maniera diversa. Si tratta della così detta ripartizione in base all’uso.
Partiamo dal secondo comma, dell’art. 1123 c.c., che recita:
“Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne”.
Questa norma, che trova una specificazione concreta nei successivi articoli 1124 e 1126 c.c., ha sollevato alcuni dubbi interpretativi in relazione all’ambito di applicazione del c.d. diverso uso.
Un esempio aiuterà a chiarire il concetto.
Si pensi a Tizio, proprietario di un’unità immobiliare destinata a negozio ed ubicata al piano terreno di un edificio condominiale, con accesso diretto dalla pubblica via. Secondo quanto previsto nell’atto di acquisto egli risulta anche proprietario del lastrico solare e delle scale. In virtù della collocazione della sua proprietà, però, Tizio afferma che nulla deve in relazione alle spese per la pulizia delle scale poiché non ne usufruisce.
A parer di qualcuno la posizione di Tizio è legittima. In sostanza, si dice, che sulla base di quanto disposto dal secondo comma dell’art. 1123 c.c. un qualsiasi condomini, nella situazione di Tizio, ha diritto all’esenzione dalle spese per le scale poiché non ne fa uso.
Si tratta di una presa di posizione errata, fondata su un’interpretazione non corretta della locuzione “in proporzione dell'uso che ciascuno può farne”
Con una sentenza del 1991, che rappresenta l’orientamento incontrastato della Cassazione in materia di ripartizione delle spese in base all’uso, il Supremo Collegio ha affermato che “il secondo comma - che stabilisce una ripartizione delle spese in questione in misura proporzionale non già al valore della proprietà di ciascun condomino ma all'uso che ciascun condomino può fare di una determinata cosa comune - riguarda il caso in cui la cosa comune (più esattamente il servizio comune) sia oggettivamente destinata a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa (inferiore o superiore al loro diritto di comproprietà sulle parti comuni); e, a tal fine, si deve avere riguardo all'uso che ciascun partecipante può farne, cioè al godimento potenziale e non al godimento effettivo, e, quindi, non all'uso che effettivamente ne faccia o non ne faccia” (così Cass. n. 13161/91).
In questo senso, dunque, la legge ha previsto espressamente per determinate parti comuni (scale e lastrico di uso esclusivo) un criterio che tenga conto del diverso uso che ciascun può fare di un singolo bene.
Negli altri casi sarà un’analisi fatta caso per caso, magari in sede di redazione delle tabelle millesimali, ad individuare le fattispecie cui applicare il secondo comma dell’art. 1123, secondo comma, c.c.
Per fare un esempio si pensi alle c.d. tabelle per l’uso del riscaldamento o alle tabelle per l’uso dell’autoclave.
Avv. Alessandro Gallucci