Amministrazioni Condominiali e Immobiliari
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Denuncia di danno temuto. Che cos’è? Chi è il soggetto legittimato a proporla. La legittimazione attiva e passiva dell’amministratore di condominio
24.03.2010 11:02
(21/03/2010)
di Alessandro Gallucci, avvocato del foro di Lecce
Recita l’art. 1172 c.c. (Denunzia di danno temuto):
“Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo.
L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia per i danni eventuali”.
La norma, rubricata per l’appunto denuncia di danno temuto, rappresenta una di quelle azioni poste a tutela della proprietà ed azionabile, dal proprietario o dal possessore, nel qual caso una determinata situazione minacci pericolo di danno per la sua cosa.
Non v’è motivo di dubitare che la norma trovi applicazione anche in relazione al condominio negli edifici.
Può accadere, infatti, che dall’edificio vicino o da stesse parti di proprietà esclusiva derivi un pericolo per le parti comuni.
Al riguardo è opportuno chiedersi:
a)chi è legittimato ad agire?;
b)quale procedimento dovrà essere seguito?
c)qual è il provvedimento ottenibile?
Si tratta di quesiti che trovano una risposta certa nell’ambito delle norme dettate dal codice civile e dal codice di procedura civile.
Partendo dal primo quesito va detto che la legittimazione ad agire spetta certamente all’amministratore di condominio, il quale, trae i proprio poteri non dall’autorizzazione dell’assemblea, ma dall’art. 1130, primo comma, n. 4 c.c. che gli attribuisce il potere/dovere di “compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio”.
In tal senso si è pronunciata anche la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione secondo la quale “in tema di condominio di edifici la norma del comma 4 dell'art. 1130 c.c. va intesa nel senso che l'amministratore, oltre a chiedere i provvedimenti cautelari, è abilitato anche a compiere tutti gli atti diretti alla conservazione della integrità delle cose comuni, con la conseguenza che il medesimo può esercitare, senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea dei condomini […]” l'azione di danno temuto (cfr. Cass. 19 gennaio 1985 n. 152).
Un esempio, su un caso specifico, chiarirà quanto detto a livello generale.
Si pensi a quei casi in cui dal balcone di un appartamento minacci il distacco di pezzi di intonaco che possono così cadere nel cortile comune.
Si tratta di una situazione di pericolo che proviene da una parte di proprietà esclusiva sulla quale l’amministratore, salvo particolari disposizioni del regolamento di condominio, non ha particolari poteri.
In questi casi il legale rappresentante dei condomini potrà agire, d’ufficio e per le vie giudiziali, contro il singolo condomino per ottenere la rimozione del pericolo.
Un’isolata pronuncia del Tribunale di Salerno ritiene possibile anche il contrario, ossia che possa essere il singolo condomino ad agire contro il condominio per pericoli provenienti dalle parti comuni e che rischiano crear danno sulla sua proprietà. Facendo leva su un’asserita soggettività giuridica del condominio il Tribunale campano giunge ad affermare “che i beni condominiali, pur restando beni comuni a tutti i condomini, sono soggetti ad un potere di gestione di pertinenza esclusiva dell'ente condomino, il quale ne diviene per l'effetto lato sensu titolare unico e autonomo dai singoli condomini” (Trib. Salerno 27 gennaio 2005).
Il procedimento è disciplinato dagli artt. 688 e ss. c.c.
Si tratta di un procedimento cautelare (cui non è obbligatorio debba seguire un contenzioso ordinario, si veda art. 669-octies cod. proc. civ.) al termine del quale il giudice emette ordinanza contenente gli opportuni provvedimenti.
Avv. Alessandro Gallucci