Amministrazioni Condominiali e Immobiliari
(19/10/2010)Tribunale di Monza, Sez. I, 10 Giugno 2010, n.1779
In tema di deliberazioni condominiali, l’installazione dell’ascensore, rientrando fra le opere in teoria dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’art. 27 primo comma della legge n. 118/1971 e all’art. 1 primo comma del D.P.R. n. 384/1978, costituisce innovazione che, ai sensi dell’art. 2 legge n. 13/1989, può essere approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall’art. 1136 secondo e terzo comma cod. civ.; tutto ciò ferma rimanendo sempre la previsione del terzo comma del citato art. 2 legge n. 13/’89, che fa salvo il disposto degli artt. 1120 secondo comma e 1121 terzo comma cod. civ.
L’innovazione deve ritenersi vietata, dunque, anche quando, pur riguardando beni comuni, abbia conseguenze negative sulla proprietà esclusiva di un condomino o ne pregiudichi i diritti di godimento.
L’assemblea condominiale, pertanto, se da un lato può legittimamente deliberare di collocare un manufatto od impianto nell’area comune, in quanto destinato ad una utilità comune, deve comunque rispettare e sottostare:
- alle norme che disciplinano le distanze legali, rispetto alle proprietà dei singoli,
- alle regole generali sugli atti di emulazione di immissione e
- deve garantire in ogni caso il libero uso e godimento di tutti i condomini.
Una delibera assembleare che comportasse la violazione anche di uno solo di tali principi sarebbe affetta da nullità (Cass. 21/4/1979, n. 2237; Cass. 5/9/1989, n. 3858).
Anche l’utilizzo del vano scale e dell’andito per la realizzazione dell’impianto di ascensore, collocato a cura e spese di altri condomini, può essere ritenuta lesiva del divieto di cui all’art. 1120 comma 2 cc. ove risulti che dalla stessa realizzazione derivi per il condomino dissenziente un pregiudizio sotto il profilo del minor godimento della cosa comune. Questi sono i principi generali che regolano la materia.
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