Amministratore di condominio. Determinazione del suo compenso. Mancanza di parametri legali. Presunzione di onerosità del mandato

18.03.2010 17:05

(16/03/2010)

di Alessandro Gallucci, avvocato del Foro di Lecce

Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore. Se l'assemblea non provvede, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini.
 
L'amministratore dura in carica un anno e può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea
”.
 
Così recitano i primi due commi dell’art. 1129 c.c.
 
E’ opinione dominante, in seno alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, quella che riconduce nell’ambito del contratto di mandato il rapporto tra amministratore e condominio.
 
Com’è stato specificato più di recente (cfr. Cass. SS.UU. n. 9148/08), il vincolo contrattuale s’instaura direttamente tra il professionista ed i singoli condomini in ragione delle quote millesimali di proprietà.
 
La ratio di tale impostazione va rintracciata nell’inesistenza del condominio quale soggetto di diritto e quindi nella produzione degli effetti giuridici del rapporto direttamente in capo ai singoli comproprietari.
 
L’amministratore, che andrà ad assumere l’incarico, s’impegna a svolgere il proprio mandato adempiendo ai compiti attribuitigli direttamente dalla legge (artt. 1130 c.c.) e di quelli maggiori conferitigli dalla legge o dal regolamento di condominio.
 
Per l’attività svolta il mandatario dei condomini ha diritto ad essere retribuito
 
trong>. Tale affermazione può essere desunta da due distinte disposizioni normative.
 
La prima va rintracciata nell’art. 1709 c.c. che recita:
 
Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”.
 
La seconda, dettata specificamente, in materia di condominio negli edifici è quella contenuta nella lettera a) dell’art. 1135 c.c. che tra le attribuzioni dell’assemblea ordinaria prevede per l’appunto che la stessa deliberi in relazione all’ “eventuale sua retribuzione (dell’amministratore n.d.A.)”. Questa norma è stata interpretata proprio in conformità a quella generale contenuta nell’art. 1709 c.c. e quindi quale indicatore specifico della presunzione di onerosità dell’incarico dell’amministratore.
 
Come si determina materialmente il compenso?
 
Esistono delle tariffe di riferimento?
 
Partendo dall’ultimo quesito, bisogna evidenziare come, allo stato attuale, non esista una normativa che disciplini le tariffe della professione di amministratore immobiliare.
 
L’appartenenza del professionista ad una delle tante associazioni di categoria, spesso, fa si che lo stesso adegui la propria richiesta di compenso ad una sorta di tariffario predisposto nell’ambito dell’associazione stessa.
 
Si tratta, però, è utile sottolinearlo, di una parametrazione che non ha alcun valore legale se rapportata, ad esempio, alle tariffe di altri professionisti (es. avvocati, ingegneri ecc.).
 
Ad ogni modo, dal punto di vista pratico, sono due le modalità d’incontro di domanda e offerta nell’ambito della nascita del rapporto tra amministratore e condominio.
 
Può essere l’assemblea a formulare delle precise condizioni (es. incarico con compenso forfettario) ed il professionista ad accettare la proposta, oppure, viceversa, può essere l’amministratore a formulare una proposta da sottoporre all’assemblea (il c.d. preventivo per il compenso dell’amministratore) che potrà accettarla o fare delle controproposte.
 
In sostanza, quindi, una vera e propria trattativa.
 
Dal punto di vista del condominio il contratto s’intende concluso con l’accettazione da parte dell’assemblea del preventivo fatto dall’amministratore.
 
Dal punto di vista del professionista con l’accettazione della richiesta formulata dall’assemblea o, nel caso di mancanza di forma scritta, anche con la presa in consegna del carteggio condominiale da parte dell’amministratore uscente.
 
Che cosa accade se vi è discordanza tra quanto richiesto nel preventivo da parte dell’amministratore e quanto accordato dall’assemblea con la deliberazione di assegnazione dell’incarico?
 
Secondo la più recente giurisprudenza (Cassazione Civile, Sezione II 24 marzo 2009 n. 7057) nel caso di assunzione ed espletamento dell’incarico prevale sempre il compenso indicato nel verbale d’assemblea.
 
Solitamente il compenso dell’amministratore comprende una voce di base ed una serie di extra da calcolarsi alla fine dell’anno a seconda dell’attività espletata.
 
Esiste un minimum compreso nell’onorario di base che non può essere riproposto tra le voci extra?
 
La risposta è positiva. Il compenso, infatti, dovrà comprendere tutte le voci in cui si espletata la normale attività di amministrazione dello stabile (redazione rendiconto, convocazione assemblee, ecc.).
 

Avv. Alessandro Gallucci

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