Adozione e revisione del regolamento di condominio. Il ruolo dei condomini e le competenze dell’assemblea.

10.08.2010 14:47

 

(03/06/2010) di Alessandro Gallucci,

Ai sensi dell’art. 1138, primo comma, c.c.: “ Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione”.
 
Dalla norma si evince chiaramente che il regolamento è un documento, molti, più enfaticamente, lo definiscono lo statuto del condominio, contenente le norme finalizzate alla conservazione e gestione delle cose comuni, nonché alla ripartizione delle spese.
 
Si tratta di un atto la cui formazione è obbligatoria solamente se il numero dei partecipanti al condominio è superiore e dieci. In questi casi, ma anche per le compagini con un numero minore di comproprietari, è usuale che sia il costruttore/venditore ha predisporre regolamento ed annesse tabelle millesimali, che saranno poi accettate dagli acquirenti e trascritti presso la conservatoria dei registri immobiliari unitamente agli atti d’acquisto. È il così detto regolamento condominiale di origine contrattuale.
 
Che cosa accade se, il condominio non è dotato di regolamento?
 
La prima ipotesi, che è indipendente dal numero dei partecipanti e quindi dell’obbligatorietà di dotarsene, è quella contenuta nel secondo comma dell’art. 1138 c.c. a norma del quale “ ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente”.
 
Si tratta della c.d. richiesta di adozione e revisione del regolamento di condominio. La norma va coordinata con quelle relative alla convocazione dell’assemblea condominiale. In sostanza, prendere l’iniziativa per la formazione e/o la revisione del regolamento condominiale non vuol dire avere il poter di far convocare un’assemblea di condominio “ ad hoc. Per ottenere questo effetto (inizialmente vincolando l’amministratore ad attivarsi per convocare l’assemblea e in caso d’inadempimento autoconvocandosi) non è sufficiente che un condomino chieda all’amministratore di agire in tal senso; piuttosto, risulta comunque necessario che la richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria per discutere in merito a questioni attinenti il regolamento di condominio debba essere formulata da almeno due condomini che rappresentino quantomeno un sesto del valore dell’edificio (art. 66, primo comma, disp. att. c.c.)
 
Nel caso di condomino che conta fino a dieci comproprietari qualora non si riuscisse ad addivenire alla formazione di un regolamento, l’unica soluzione praticabile sarebbe quella di continuare a sottoporre all’assise condominiale la botta dell’atto per la sua approvazione.
 
Nel caso di condomini con un numero maggiore di partecipanti, invece, il singolo comproprietario ha due opzioni, assolutamente autonome l’una dall’altra;
 
a)intraprendere la strada assembleare;
 
b)chiedere direttamente la formazione giudiziale del regolamento.
 
In quest’ultimo caso trattandosi di questione attinente alla gestione delle cose comuni basterebbe citare in giudizio l’amministratore di condominio. Tuttavia poiché al regolamento sono allegate le tabelle millesimali, per le quali la costante giurisprudenza ritiene necessaria la partecipazione al processo di tutti i comproprietari, è consigliabile agire citando in giudizio tutti i condomini fin dal principio al fine di evitare incertezze ed eccezioni sulla valida instaurazione del contraddittorio.
 
Nulla vieta, naturalmente, che il condomino che decide di prendere l’iniziativa per la formazione/revisione del regolamento possa provare, in un primo momento, ad ottenerla per via assembleare, ricorrendo successivamente all’Autorità Giudiziaria.
 

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Avv. Alessandro Gallucci

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